Title | : | Naven: A Survey of the Problems suggested by a Composite Picture of the Culture of a New Guinea Tribe drawn from Three Points of View |
Author | : | |
Rating | : | |
ISBN | : | 0804705208 |
ISBN-10 | : | 9780804705202 |
Language | : | English |
Format Type | : | Paperback |
Number of Pages | : | 368 |
Publication | : | First published January 1, 1936 |
Naven: A Survey of the Problems suggested by a Composite Picture of the Culture of a New Guinea Tribe drawn from Three Points of View Reviews
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This truly is a strange and challenging book. The young Gregory Bateson, at this point in his life a would-be anthropologist, lives for more than a year with the Iatmul tribe on the Sepic river in New Guinea. The idea was not simply to record their lives at a transitional moment (they had only recently renounced head-hunting) but to try to extrapolate from his observations some general principles about the relationship between groups and individuals, or rather, how one could become an individual while always remaining in a group ethos. For a long time he was simply bewildered by the complexity and strangeness of their lives, having no idea what exactly he was looking for or why. Only very slowly, watching the different behaviour patterns ofthe men and the women, the men boastful and argumentative, the women admiring and contemplative, does he arrive at the brilliant idea he dubbed schismogenesis, the process by which one behaviour pattern becomes the context that encourages another. And only then did he begin to understand the possible function of the bizzarre celebratory rituals the Iatmul called Naven, where male and female roles were reversed, to the point of the women simulating anal rape on the men. Like I said, it's a strange book in which you're allowed to see how a truly inspired man learned to think outside the box...
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Quando si osserva, si presta maggiore attenzione ai processi causali e relazionali circolari notati nell’ambiente circostante o a come i propri processi di osservazione creano, per l’individuo, il mondo percepito? Come la maggior parte dei teorici, Gregory Bateson si impegna ad enfatizzare entrambe le parti di questo dilemma. Egli ritiene fondamentale spiegare come per mezzo della differenziazione epistemologica, i processi di percezione non sono diretti e tantomeno obiettivi, sottolineando in particolare il perché la propensione lineare umana così spesso distorce non solo l’intendimento della trama del mondo ma anche le azioni e le interazioni al suo interno.
Bateson inizia i suoi studi di antropologia all’Università di Cambridge in Inghilterra, negli anni ‘30, in un momento nel quale i più importanti teorici dell’antropologia sociale britannica sono Alfred Reginald Radcliffe-Brown e Bronisław Kasper Malinowski. L’antropologia sociale britannica, in particolare quella di Radcliffe-Brown, prende ispirazione dal teorico francese Émile Durkheim, da cui egli riprenderà il concetto di aggregato come sistema organico, oltreché l’utilizzo di una metodologia d’indagine acquisita dalle scienze naturali. Radcliffe-Brown consapevole dell’inesattezza delle analogie, preferisce anatomizzare la società in un organismo, modellando la sua versione della struttura sociale sulla fisiologia organismica. Il suo contributo riguarda, in particolare, la ricerca dell’oggetto specifico dell’antropologia, che rintraccia nello studio dei fenomeni sociali in quanto tali, il cui campo conoscitivo non deve toccare altri ordini di realtà che non siano di analoga natura. Sebbene l’idea di omeostasi presunta dal funzionalismo sia spesso vista come statica dai critici, nella sua famosa monografia etnografica, Naven, Gregory Bateson ne riprende e trascende la forma.
Agli inizi degli anni ‘30, il suo professore ed etnologo Alfred Cort Haddon lo indirizza verso una spedizione in Nuova Guinea, nell’area attraversata dalla parte centrale del fiume Sepik, per vivere con gli Iatmul e riferire sulla loro cerimonia chiamata naven, con la convinzione di poter trovare le relazioni interconnesse di comportamenti che ne costituissero le determinazioni culturali. Sebbene Bateson per scelta metodologica analizzi prevalentemente il rituale condotto dal genere maschile, il naven è un rito di travestimento collettivo con il quale gli Iatmul celebrano la prima azione significativa compiuta da un giovane, prescindendo del suo sesso. La struttura della cerimonia varia da semplici atteggiamenti da parte dello zio materno del soggetto (wau) a un complesso rito che coinvolge l’intero villaggio, a seconda dell’importanza dell’azione celebrata. Figura centrale del rito di iniziazione è certamente il wau, che travestitosi da donna e chiamato madre, inscena uno smisurato affetto caricaturato per il nipote (laua), e dal quale riceve doni rituali. Inoltre, egli strofina le natiche sulla gamba del laua simulando un rapporto sessuale.
Lo sviluppo dell’analisi in Naven assume una forma dialettica unica che Bateson stesso descrive come una “scala a zig-zag“. Bateson pone domande intriganti su rapporti di genere, età e parentela, quindi procede a collocare tale cerimoniale nel contesto culturale e sociologico Iatmul.
L’antitesi dialettica applicata in Naven proviene dalla scuola antropologica di Ruth Fulton Benedict interpretata dall’antropologa Margaret Mead. Gregory Bateson incontra per la prima volta la Mead, mentre entrambi lavorano sul campo nella stessa regione della Nuova Guinea. Teoricamente, parlando, questo incontro lo espone ad una variante psicologicamente influenzata del concetto di cultura dell’antropologia americana. Mead più di Benedict, si occupa della questione inerente al modo con il quale la cultura adatta le persone al loro ambiente sociale modellandole psicologicamente. Ciò fornisce una visione complementare o addirittura inversa del fenomeno sociale del rituale naven. Invece di analizzarlo dal punto di vista antropologico-sociale britannico, a cui la psicologia individuale è analiticamente esterna, l’approccio americano pone in primo piano l’individuo, concependo il sistema psicologico come un mezzo di adattamento all’ambiente sociale.
Bateson, differentemente da Mead o da Benedict, suddivide questo sistema individuale o psicologico in due parti, ai fini dell’analisi culturale: l’ethos, intriso di una profonda fierezza che congiunge la relazione affettiva con la vita sociale, e l’eidos, attitudine considerata invece esclusivamente femminile e connessa con la logica immanente nelle idee culturali. Tuttavia, in entrambi i casi si ha a che fare con la questione di come un particolare sistema sociale standardizzi la personalità – una domanda ben al di fuori della portata degli interessi di Radcliffe-Brown.
Se fosse possibile considerare il sociale e lo psicologico come tesi ed antitesi, il passo successivo è ovviamente la sintesi. Nel caso di Naven questa sintesi è rappresentata dal concetto di schismogenesi, dal greco antico skhisma (dal latino tardo schisma, che è il gr. σχίσμα, der. di σχίζω, dividere) e genesis (gr. γένεσις, dalla radice γεν- di γίγνομαι, nascere), che riporta il mutamento progressivo nei modelli di comportamento relazionali, fondanti su una visione delle interazioni umane come cumulativa e iterativa in modo simmetrico o complementare. La schismogenesi dimostra come la microdinamica delle istituzioni sociali non è statica, ma consiste in un progressivo cambiamento interattivo. L’ordine, non la sua conservazione, diviene ciò che deve essere spiegato e non semplicemente assunto.
Quale nuova prospettiva fa sì che Bateson metta in discussione le applicazioni sia dell’antropologia sociale funzionalista di Radcliffe-Brown, sia della teoria della cultura e della personalità di Benedict e Mead ? Negli anni ’80 dello scorso secolo, gli antropologi iniziano a considerare Naven come una monografia etnografica sperimentale, occupatasi prevalentemente dei limiti della propria metodologia. In effetti, gli epiloghi di Bateson sono interamente dedicati a questo tipo di discussione autocritica: nell’edizione del 1936, l’autore si impegna in un discorso inerente alla contestualizzazione del proprio metodo di ricerca sul campo, discutendo sui principi di classificazione de i dati nelle categorie, ad esempio di struttura o funzione pragmatica della comunicazione. Ciascuno dei sistemi che, nell’analisi funzionalista, organizza le istituzioni sociali potrebbe quindi essere pensato come un coalescenza attorno a un particolare tipo di comunicazione, che circola in una “valuta” quali il potere o le differenze nell’appartenenza al gruppo, prodotte ripetutamente in termini di distinzioni. L’analisi iniziale di Bateson sui sistemi coinvolti nella società e nella cultura di Iatmul può essere osservata in maniera simile, con l’aggiunta, nel suo caso, dei complessi di ethos ed eidos che forniscono un’istanza sia individuale che psicologica della cultura socialmente condivisa, e un proiezione – sotto forma di interazione dinamica- del sistema psicologico individuale standardizzato dalla cultura.
Le prime osservazioni sperimentali di Bateson influenzano le sue successive teorie, determinando lo scetticismo verso la maggior parte dei metodi esplicativi delle scienze sociali. Egli suggerisce che la delimitazione di una mente individuale debba sempre dipendere da quali fenomeni si desidera comprendere o spiegare. Sostenendo che la “pelle”, confine evidente dell’organismo che lo distingue dal suo ambiente, è in realtà un condotto informativo, si dimostra che tale sistema complesso possiede la capacità di mantenere la propria unità e la propria organizzazione, attraverso le reciproche interazioni dei suoi componenti e quindi il mondo della creatura nel suo insieme può essere visto come una rete interconnessa di relazione cibernetica, di circuiti della mente che trascendono l’individuo organismo. Qualsiasi sia lo strappo in questa rete, e l’atto stesso di lacerare è in un certo senso una negazione di qualsiasi integrazione esistente attraverso la distinzione che viene fatta – l’osservatore batesoniano crea i sistemi che osserverà e tuttavia, nel farlo, è soggetto alle fallibilità della reificazione. -
This book was not what I expected when I picked it up. Ostensibly, it's an ethnography on New Guinea tribes (which Bateson labels and groups by their shared Iatmul language), with particular focus on the function of the Naven ceremony in these tribes. But Bateson's goals are much broader and even more interesting than a standard ethnography, veering into the realm of philosophy of science as it relates to anthropology, while also touching on creation of divisions within culture and how cultures resolve these internal conflicts.
Bateson begins with a more standard ethnography, detailing the Naven ritual and necessary basics of the Iatmul culture, then moves on to the inevitable question of why? What function does the ritual serve within the society and how might this have come about? What seems a simple question turns more complex, as we learn that there are different perspectives through which we might explain it, none of which are always easy to define or isolate. The perspectives he outlined are: sociological, ethological, and eidological. I won't bother outlining each one, but the important point is how each perspective shapes the explanation, while none by itself offers a complete explanation for the ritual. I found this to be a very interesting and sophisticated way of approaching the analysis and explanation of societies and cultures, and while bits of Bateson's arguments went over my head (somewhat due to terminology and definitions), he manages to make a strong case.
After working through the possible explanations for the naven ceremony and using that as a jumping-off point to explore how to explain such ceremonies, or what that even means, Bateson tries to come to some understanding of the naven by drawing from all these perspectives. He notices that within the culture there is what he calls "schismogenesis," literally the creation of divisions within a society, and suggests the naven might serve a function of resolving some divisions. This gets into the field of cybernetics that his work laid the groundwork for but at the time this book was written had no term to describe.
While this is definitely more of a dry, academic read, not exactly fun, I was really fascinated by the vivid descriptions of the naven and also the Iatmul culture, as well as Bateson's attempts to better understand how cultures function. Or moreover how to do better science in order to understand them. Though he admits to flaws in his thinking later in the 1950s afterword, there's still something to be gained in remembering social sciences can't simply assume gathering data and observation is enough. It needs better models and to better understand the role of the observer. The additional exploration of schismogenesis and cultural processes, while a bit hard to grasp, was also super interesting. To the extent that I'd like to read more on cybernetics. Good stuff. -
Interesting book but extremely 'unreadable,' meaning that it contains some gems and had me thinking upon interesting lines but I don't know if it was worth it to get there... Bateson even writes multiple times in both epilogues that the book is unreadable and not a 'real' ethnography. It functions more as a critique of anthropological methods for the time. Read it for an undergrad fourth-year theory class.