Title | : | The Wound and the Bow: Seven Studies in Literature |
Author | : | |
Rating | : | |
ISBN | : | 0821411896 |
ISBN-10 | : | 9780821411896 |
Language | : | English |
Format Type | : | Paperback |
Number of Pages | : | 260 |
Publication | : | First published January 1, 1941 |
The subjects Wilson treats—Dickens and Kipling, Edith Wharton and Ernest Hemingway, Joyce and Sophocles, and perhaps most surprising, Jacques Casanova—reveal the range and dexterity of his interests, his historical grasp, his learning, and his intellectual curiosity.
Wilson’s essays did not give rise to a new body of literary theory nor to a new school of literary criticism. Rather, he animated or reanimated the reputations of the artists he treated and furthered the quest for the sources of their literary artistry and craftsmanship.
F. Scott Fitzgerald called Wilson “the literary conscience of my generation.” Today’s readers of The Wound and the Bow may want to make the claim for their generation as well.
The Wound and the Bow: Seven Studies in Literature Reviews
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IL PENSATORE TRIPLICE
Edmund Wilson, compagno di università di Francis Scott Fitzgerald, fu una delle figure più importanti della cultura americana del secolo scorso, uno di quei critici e letterati che possono essere considerati la coscienza critica di quel grande paese.
Dei sette saggi qui contenuti, per me i più preziosi sono quello su Edith Wharton, credo scritto nel 1937, e quello dedicato a “Finnegans Wake” di Joyce.
Gli altri parlano di Dickens, Kipling, Casanova, Hemingway, Sofocle e Filottete (l’ultimo che intitola la raccolta).
Nel suo caso è proprio vero che la critica letteraria è un piacere, e un aiuto alla comprensione, ricca di scoperte e misteri rivelati.
Edmund Wilson, in un ritratto à la James.
La Wharton si fa interessante, per Wilson, nel periodo 1905-1917, un periodo in cui gli scrittori americani che valesse la pena di leggere erano ben pochi.
Dal che si arguisce, ma poi Wilson lo esplicita abbastanza, che Henry James non sia uno dei suoi autori preferiti: tra i suoi difetti, talvolta tenuità di analisi, troppo poco profeta sociale, concentrato soprattutto su interessi estetici.
Invece, la Wharton, quando si libera finalmente del modello James, quando va oltre la sua abilità nel descrivere tutti quegli arredamenti americani, e i concomitanti lavori di giardinaggio, quando la pianta di dedicarsi alla descrizione della decorazione d’interni e all’inventario delle dimore dei suoi personaggi, quando si accorge di poter essere ben di più che una poetessa dell’arredamento, diventa finalmente un esempio di scrittore che allevia una tensione emotiva denunciando la propria generazione, di quelli che val la pena leggere - una scrittrice più attenta e attratta dal conflitto tra l’individuo e un gruppo sociale.
Wilson si riferisce quindi alla produzione più celebre di Edith Wharton: “La casa della gioia”, “Ethan Frome” (il mio preferito), “L’età dell’innocenza”.
Edith Wharton
Oggi non so bene quanto sono ancora d’accordo con Wilson, quanto condivido la sua teoria per cui un critico, davanti a un’opera d’arte, deve avere ben presente il vissuto dell’artista, analizzare tutto ciò che riguarda chi crea l’opera, la sua vita i suoi traumi, le sue esperienze.
Ora, se è piuttosto vero che chi siamo genera cosa facciamo, è anche vero che non mi serve sapere cosa mangia, come fa l’amore, quante volte è stato sculacciato, e il numero di scarpe dello scrittore per apprezzare o meno il suo libro.
O anche, lasciando per un attimo da parte l’apprezzamento, per comprenderlo: è probabilmente vero che ciò che ha fatto l’artista si ritrova nell’opera, ma è anche vero che l’opera d’arte non è una seduta psicanalitica, un album di ricordi, un estratto biografico.
Credo che oggi, soprattutto oggi che le luci della ribalta possono essere fastidiosamente eccessive per un artista, al punto da accecare, fare male (vedi Ferrante, Banksy, Salinger, Pynchon, ma anche i Daft Punk, Luther Blisset), possiamo, e dovremmo, imparare ad avvicinarci a un testo senza sapere già tutto del contesto in cui è nato (incluso l’indirizzo e il codice fiscale dell’autore).
PS
“The Triple Thinkers” è un’altra opera di Edmund Wilson.
Ritratto di Joyce disegnato da Djuna Barnes nel 1922, anno in cui Joyce iniziò a lavorare al Finnegans Wake, che gli prese 17 anni. -
Un banquete de crítica literaria. Dice, se desdice, no le importa. Conecta ideas, disfruta detalles, rescata críticos, hace conjeturas para provocar su refutación. Wilson pelea con fiereza contra molinos de viento. Sus lecturas de Dickens invitan al entusiasmo por la superación voluntarista. A Kipling lo deja como un imbécil con talento. Su paseo por Casanova suena a frivolidad contagiada por algún esnobismo del momento. Su Wharton aburre un poco. Su Hemingway queda reducido a ruinas iluminadas por la fuerza bruta de don Ernesto en relámpagos de feroz narrativa. Su elogio de Joyce es un insulto a Joyce, del que se arrepiente sin ponerse colorado hacia el final del ensayo. El Filoctetes de Wilson es una pieza de cámara erudita, radiante, un paradigma de lectura extensible a cualquier lectura. Quizás haya demasiado entusiasmo por los vectores psicoanalíticos de la crítica, entonces Wilson se apaga. Pero se enciende cuando escribe con desparpajo, no cuando se frunce. Ese es el mejor Wilson, el descuidado, el erudito dionisíaco.
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The trouble with seminal works is that once the ideas they put forward are generally accepted, they may seem superseded or rudimentary. Wilson's book shows its age; sometimes its joints creak and groan when it stands up. Still worth your time, though; and how many of you have the tale of Philoctetes at your fingertips?
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"They miss him and hate him and long to have him back." - Plutarch, on Alcibiades
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Dickens!
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I've had this book on my To-be-read pile for some time, and am glad to have finally got to it. It's a superb piece of literary criticism, clear and concise, commenting on a number of writers: Dickens, Kipling, Hemingway, Wharton, Joyce, and even Casanova. Wilson's views show how thoroughly he has read the works of each writer, and studies various aspects of their work. Written about 85 years ago, it still seems fresh and insightful. A worthy read for a better understanding of literary lights.
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Many reasons for reading this. First the Dickens essay was one of the first to recognise Dickens' greatness as a technical novelist. Second, Wilson is a delight to read . Third, there are some books that are better to read about (if written about well) than to read. Wilson covers a couple of these. Fourth, it is good to see where literary criticism was half a century ago and more.
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I love this for nostalgic reasons. The first volumes of literary criticism I ever read were by Edmund Wilson.
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Dated literary criticism: long essays on Dickens and Kipling, shorter on Wharton, Hemingway, Joyce, Casanova and Sophocles.
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Penetrating essays, as usual from Wilson. On seven other writers: Dickens, Kipling, Casanova, Wharton, Hemingway, Joyce and Sophocles.
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From Hell’s Kitchen Free Store
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A classic in literary criticism.
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Available at the Internet Archive:
https://archive.org/details/woundandt... -
Read The Wound and the Bow.