Title | : | Sinistra e popolo: Il conflitto politico nell'era dei populismi (Italian Edition) |
Author | : | |
Rating | : | |
ISBN | : | 8830448524 |
ISBN-10 | : | 9788830448520 |
Language | : | Italian |
Format Type | : | Kindle Edition |
Number of Pages | : | 235 |
Publication | : | Published April 6, 2017 |
Sinistra e popolo: Il conflitto politico nell'era dei populismi (Italian Edition) Reviews
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4/5: Ricolfi, nella premessa, afferma: "Quella che si sta delineando, dopo lo tsunami della globalizzazione e lo shock della crisi, è una nuova frattura politica fondamentale, che non sostituisce completamente la diade destra-sinistra, ma con essa interferisce e a essa si intreccia: la dicotomia tra forze dell'apertura e forze della chiusura."
Nella Parte I, intitolata "Destra e sinistra, prigioniere del Novecento", analizzando la definizione della dicotomia destra-sinistra, passa in rassegna alcune teorie asimmetriche, che sottolineano i pregi dell'una e i difetti dell'altra, ed altre teorie simmetriche, che cercano di mettere in luce le qualità di ogni parte politica.
Offre poi interessanti spunti di riflessione la critica dell'autore al pensiero di Norberto Bobbio. Nel suo pamphlet "Desta e sinistra", il filosofo torinese è alla ricerca del vero significato della diade destra-sinistra. Nella ricostruzione di Bobbio, però, alla destra non solo viene assegnato un disvalore (l'ideale della disuguaglianza), ma viene anche sottratto un valore che la caratterizza, ovvero la libertà.
Bobbio considera come le sole virtù l'accettazione del metodo democratico e la ricerca dell'eguaglianza. Partendo da questo assioma, il filosofo afferma che il regime migliore è la socialdemocrazia (area a cui egli apparteneva), in quanto combinava entrambe le virtù; il regime peggiore è il fascismo, perché non ha né la prima né la seconda virtù; mentre liberaldemocrazia e comunismo sono appaiate nel mezzo con una sola virtù a testa.
Ricolfi afferma che, partendo da questa teoria asimmetrica, la sinistra "svilupperà una visione di sé stessa, della sinistra e del suo popolo, del tutto irreale, infantilmente abbarbicata alla credenza di essere la sola depositaria del bene, impegnata in una lotta morale contro una destra senza principi e senza ideali, preoccupata soltanto di difendere egoismi e privilegi".
Alla visione di Bobbio è intelligentemente confrontata quella di von Hayek, pensatore liberale che distingue tra conservatori, socialisti e liberali: "Nella visione di Hayek i conservatori, con la loro avversione per il cambiamento e il loro compiacimento per l'azione dell'autorità costituita, sono il nemico comune di socialisti e liberali, i quali ultimi differiscono fra loro non già per la misura in cui vogliono il cambiamento, ossia per il loro grato di radicalità nel perseguirlo, ma perché «tirano» in direzioni opposte: la stella polare dei socialisti è l'eguaglianza, quella dei liberali è la libertà. E poiché l'eguaglianza dei socialisti richiede più Stato, mentre la libertà dei liberali ne richiede di meno, socialisti e liberali si trovano a lottare non solo contro i conservatori, ma anche fra di loro".
Nella Parte II, intitolata "Sinistra e popolo: il lungo addio", Ricolfi, da uomo di sinistra, scrive polemicamente: "noi siamo quelli di sempre e ci battiamo per i più alti ideali dell'umanità: l'uguaglianza, l'inclusione, la libertà, i diritti umani, la solidarietà, il cosmopolitismo, la pace. Di qui un interrogativo ricorrente: perché gli italiani ci snobbano, perché restiamo minoritari?" Da qui parte un'analisi storica delle fasi che hanno portato ad uno scollamento tra la popolazione e i partiti di sinistra.
Nella Parte III, Ricolfi si chiede perché la sinistra non ascolti il popolo, come farebbe qualsiasi movimento pragmatico, come fanno tutti i movimenti "populisti". La risposta è insita nel vizio del "complesso dei migliori", nella convinzione di rappresentare la "parte migliore del Paese".
Nella fase conclusiva del libro, l'autore attacca il Manifesto di Ventotene, scritto nei primi anni Quaranta da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, assurto a bibbia del federalismo europeo, di cui Ricolfi denuncia il carattere datato e "giacobino", al punto da imputare i fallimenti dell’Europa non al fatto di aver abbandonato quell’utopia ma piuttosto di averla inseguita troppo.
La prima parte, letta tutto d'un fiato, vale la lettura. La seconda offre pochi spunti di riflessione e non aggiunge molto al dibattito sull'ascesa dei populismi. -
Cominciamo dal fondo. Se vi interessa conoscere tutte le tesi di questo libro vi basta leggere le poche pagine dell'epilogo: trovate tutto. Passi il capitolo precedente, che esplicita come sono stati raccolti e analizzati i dati, ma i primi due terzi del libro sono inutilmente ripetitivi, quasi come se Ricolfi si sentisse in colpa e dovesse spiegare perché lui non è più di sinistra mostrando perché sono i fatti stessi che lo impongono. Non posso dire che il libro è inutile: ci sono parecchi buoni spunti, come la tricotomia di Hayek conservatori - socialdemocratici - liberaldemocratici spiegata bene, la differenza tra populismo di destra e nazifascismo (entrambi vogliono il predominio dei "noi", ma il primo è isolazionista e il secondo espansionista), la scelta della sinistra di staccarsi dalle masse operaie per dedicarsi al ceto medio. Ma il battere sul fatto che il buonismo sia la logica conseguenza per sentirsi ancora di sinistra mi pare una tesi ardita; anche l'analisi che vede una correlazione tra crescita del populismo e crescita dei reati compiuti da stranieri è tecnicamente corretta ma probabilmente sfasata, perché manca la controprova che misura non tanto la nazionalità quanto il reddito. Insomma, uno dei classici casi in cui un bignami sarebbe stato meglio.
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Analisi a tratti anche condivisibile ma l’autore è un conservatore che prova a nasconderlo malamente. Da rivedere molti dati del tutto errati (citare Reinhart e Rogoff 2009 dopo il 2013 è da corte marziale) come quelli sul limite al debito pubblico, sui tassi di criminalità degli immigrati, sulla crescita economica americana. Spero sia malafede, avrebbe perlomeno senso.
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Ho letto la prima parte tutta d'un fiato. La seconda mi è sembrata ripetitiva e ridondante. Mancano degli approfondimenti maggiori sul populismo italiano. In ogni caso ottimo saggio su questa sinistra "confusa".
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Vorrei che tutti i saggi fossero scritti così. Al di là delle idee espresse, che possono essere condivisibili o meno, è questo il rigore che vorrei trovare in tutti i testi di approfondimento.