Grantland: Talk Nerdy To Me by Bill Simmons


Grantland: Talk Nerdy To Me
Title : Grantland: Talk Nerdy To Me
Author :
Rating :
ISBN : -
Format Type : Paperback
Number of Pages : 215
Publication : First published January 1, 2014

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Grantland: Talk Nerdy To Me Reviews


  • Luca Scremin

    All'uscita di Talk Nerdy To Me, ammetto di aver pensato di potermi trovare tra le mani qualcosa di epocale. Una volta capito che si trattava "solo" di una raccolta di pezzi già editi, ero comunque curioso di vedere cosa ne sarebbe venuto fuori. E in effetti l'operazione di Grantland è curiosa, perchè Talk Nerdy To Me non è quasi per niente un libro didattico sulle "statistiche avanzate": non ci viene insegnato come leggerle, o su quali fare affidamento (tranne nella-spassosissima- guida di Bill Simmons dopo che egli stesso si è convinto della bontà delle advanced stats nel baseball). La premessa di fondo, che è probabilmente l'unico modo ragionevole di prendere le statistiche oggi, è che ovviamente i numeri da soli non dicono nulla, ma se accostati a una grande conoscenza dello sport in questione e ad un'osservazione ed una riflessione costante, possono permettere di vedere le cose più chiaramente, di avere una visione più complessa di fenomeni spesso sminuti come gli sport e, in alcuni, rari casi, possono addirittura portare a visioni nuove, in grado di cambiare per sempre lo sport. Il caso più ovvio è quello del baseball, ormai dominato dalle cosiddette sabermetrics. Il lato più apprezzabile di questo volume è senz'altro lo sforzo di parlare di analytics cercando di non presentarle come un complicatissimo oggetto venuto da un altro pianeta, comprensibile a pochi e di nessuna vera utilità, ma di mostrarne l'intuitività (al di là del calcolo, quello complicato per davvero) e la possibilità di applicarle in tanti modi: per esempio, per valutare le prestazioni di un atleta contestualizzandole alla sua epoca, per poi allargare il quadro e provare a metterlo in una prospettiva storica, in grado di paragonare giocatori di periodi diversi con una buona cognizione (vedi soprattutto l'articolo su Mike Trout).
    Seguo Grantland principalmente per il basket, e nel leggere gli articoli relativi ad altri sport due cose mi hanno colpito: negli altri major sports americani (soprattutto baseball, ma anche football) la presenza delle statistiche avanzate è molto più radicata, probabilmente per la natura di questi sport che sono più facili da catturare con alcuni numeri significativi (rispetto al basket, che per la sua natura abbastanza fluente finisce per essere ancora più difficilmente riducibile a un numero, dato che la prestazione di un giocatore è fortemente influenzata anche da fattori come i compagni di squadra e il sistema in cui gioca); l'altro aspetto per me rilevante (ma era prevedibile) è la difficoltà, non solo dei fan ma anche dei media che si occupano di sport, ad accettare l'importanza del ruolo delle advanced stats. Ogni volta che l'argomento torna al centro del dibattito sportivo americano (e con qualche timido riflesso anche in Italia, dove però lo sport principale, il calcio, si presta ancor meno del basket ad un'analisi numerica chiara), molti addetti ai lavori sembrano tapparsi le orecchie senza voler ascoltare, affermando che un numero non potrà mai competere con la conoscenza dello sport e dei giocatori data dal vedere le partite (come se i "number guys" delle squadra NBA o NFL non guardassero anche tutte le partite!).
    Sfatare pregiudizi simili sarebbe utile, al fine di capire meglio alcune dinamiche dello sport che non riescono ad essere colte in pieno dall'occhio umano.
    Per finire, due parole su Zach Lowe, di gran lunga il mio scrittore preferito all'opera su Grantland: il suo pezzo sulle possibilità offerte dalle telecamere di StatsVU è forse il migliore per spiegare gli scenari che potrebbero venire a crearsi grazie ad un uso più complesso delle stats nel mondo del basket. Eppure l'unico pezzo veramente in grado di mostrare appieno lo sterminato talento (giornalistico e letterario) di Lowe è "The Miami Juggernaut", dove l'ex scrittore di Sports Illustrated e Celtics Hub racconta l'evoluzione dei Miami Heat dall'anno della sconfitta con Dallas al primo titolo fino alla scorsa regular season, terminata con 66 vittorie di cui 27 ottenute consecutivamente, giocando una delle fasi offensive più intelligenti, brillanti e "adattive" della storia del gioco. Insomma, chapeau a colui che considero senza dubbio il miglior NBA writer del pianeta.