The Thought of the Heart and the Soul of the World by James Hillman


The Thought of the Heart and the Soul of the World
Title : The Thought of the Heart and the Soul of the World
Author :
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ISBN : 0882143530
ISBN-10 : 9780882143538
Language : English
Format Type : Paperback
Number of Pages : 84
Publication : First published May 20, 1998

Two groundbreaking essays, The Thought of the Heart and Anima Mundi: The Return of the Soul to the World, by James Hillman that launched Archetypal Psychology and began the renaissance of a psychology that returns psychic reality to the world. Following Marsilio Ficino, who was the first to place the soul in the center of his vision, Hillman argues for a psychology that reflects the world it works in.


The Thought of the Heart and the Soul of the World Reviews


  • Annagrace

    The first essay in this small but exceedingly thought-provoking collection is excellent, but the second—the second essay (The Return of the Soul to the World) had me in tears of recognition and relief. What an important book this is for everyone who cares about humanity, the planet, and this moment in history.

  • Philippe

    This booklet offered me a first excursion into the thought of James Hillman and I know for sure I'm going to be hooked for a long time.

    I have been following an indistinct thread of ideas for a while now at what feels like the edge of our dualist, imperialistic Western worldview, prompted by the likes of François Jullien, Lars Spuybroek, Tim Ingold, Friedrich Schelling, Gilles Deleuze, C.G. Jung, Gaston Bachelard, John Durham Peters, Kenneth White, Nigel Thrift, and Michel Serres. A confluence of Far Eastern thinking, post-phenomonology, analytic psychology, media and systems theories, new materialism and beyond-representational approaches.

    A key idea is that agency is not exclusively a human attribute or privilege. It's literally everwhere and it's up to us to become sensitive to its potential. This requires from us an aesthetic presence in the world (from the Greek aesthesis, which roughly means 'sense experience'). We have to re-sensitise ourselves to the flow and pulse of life in order free ourselves from debilitating civilisational discontents.

    This idea seems very foundational in Hillman's thinking as well. For Hillman the world is not dead matter but a psychic reality. It has soul. Human beings have soul; every thing has soul, which is manifested in visible, expressive form. This requires a capacity for sensing and imaging, and an aesthetic response to the world. Hillman: "the cognitive task will shift from the understanding of meaning to a sensitisation of particulars, the appreciation of the inherent intelligibility in the qualitative pattern of events." Hence the challenge to develop "a new nose" which is more akin to an animal sense. A different behavioural pattern emerges: rather than to intervene, we learn to make the right moves, to craft well. This pattern we might call 'poiesis'.

    Where is the heart in all this? The heart is the seat of our imagination, at least when it is not trivialised as being merely a mechanical pump (the Harvey heart) or a seat for our feelings (the sentimental, Augustine heart). "The animal heart directly intends, senses, and responds as a unitary whole." Hillman refers to this mode of cordial apprehension as 'imaginal'. In the projected images consciousness and world interpenetrate. The world arises from love and desire.

    "And so the task is less to take back these kinds of projections (who takes them back and where are they put?) but more to leap after the projectile, reclaiming it as imagination, thereby recognizing that images always be experienced as sensuous independent bodies. Cordial projection requires an equally leonine mode of consciousness: pride, magnanimity, courage. To desire and to see through desire—this is the courage that the heart requires."

  • Antonietta Florio

    «Orbene, l’organo che percepisce il volto delle cose è il cuore. Il pensiero del cuore è fisiognomico. Per percepire deve immaginare. Deve vedere fattezze, forme, facce: angeli, dèmoni, creature di ogni genere in cose di ogni tipo; e con ciò stesso, il pensiero del cuore personizza, infonde anima e anima il mondo.» (J. Hillman, L’anima del mondo e il pensiero del cuore)

    In unico volume, James Hillman racchiude tre saggi, esili in termini di pagine (193 pp), ma dallo spessore contenutistico considerevole. Dal neoplatonismo di Plotino, Proclo e Giamblico, al (neo)platonismo della Firenze rinascimentale, riportato in auge da Marsilio Ficino, “medico del corpo e delle anime” (come ebbe a dire Cosimo dei Medici,) si erge una sola, grande figura, che funge perciò da fil rouge: quella di Karl Gustav Jung. La discettazione comincia dal “sogno dei due teschi” di Jung, che rimanda alla sua passione primigenia per l’archeologia e, prima ancora, al contrasto con Freud, per ciò che concerne la cosiddetta “psicologia dell’incesto”, che per Jung deve essere letta e interpretata in chiave strettamente letterale, per Freud, invece, necessita di una chiave di lettura simbolica.
    La prima parte del saggio è focalizzata sull’anima mundi, centrale nella filosofia di Plotino prima e di Ficino poi, dal quale viene definita copula mundi, signora e dominatrice dei corpi. Nonostante la differenza tra Plotino – che aborrisce la materia – e Jung – ostile alla metafisica -, appare qui una prima concordanza tra i due ambiti filosofico e psicologico. Il punto di convergenza – a partire dal quesito circa la natura della realtà psichica – è ravvisabile nell’elaborazione junghiana della teoria degli archetipi, nella quale sono ravvisabili i concetti plotiniani di psiche e inconscio, segnalando che tanto per il filosofo quanto per lo psicanalista l’anima è a un tempo soggetto e oggetto del loro interesse.
    Vi si aggiunge poi la coscienza, che essendo caratterizzata da mobilità e molteplicità, trova la sua significazione più profonda nella concezione dell’uomo. L’essere umano, infatti, essendo “molte cose”, viene equiparato a «un Proteo che fluisce ovunque, in quanto anima universale», mai cristallizzato in un unico gesto. Ciò sta a significare che la coscienza, ben lungi dall’essere definita come Io individuale, non è altro che la consapevolezza che l’anima ha di se stessa, la consapevolezza cioè di essere il «riflesso della psiche collettiva universale». Tale riflesso ha a che fare con l’immaginazione (o phantasia), la quale nell’anima occupa una posizione di centralità e tramite la detta facoltà che presiede alla rappresentazione si ha l’esperienza cosciente e la riflessione della coscienza.
    Onde ne deriva che l’imaginatio non sia una facoltà propria della realtà fisica, bensì psichica, la cui attività è direttamente proporzionale alla cooperazione con la coscienza, alla cui base vi sono le immagini fantastiche, appunto archetipiche o primordiali, poiché esse germinano dall’inconscio e, per ciò stesso, sono indipendenti dall’oggetto esterno. Nel caso di una disfunzione tra coscienza e immaginazione (l’idolum di Ficino e i caratteri poetici di Vico), i simulachri saranno espunti dal pensiero e l’essere umano sarà impossibilitato nel rispecchiarsi e riconoscersi in se stesso.
    Dopodiché, Hillman passa in rassegna Il pensiero del cuore, la himma di Henry Corbin, grazie alla quale le immagini da noi create vengono percepite non già come fabbricazioni o invenzioni (in venio, “venire dentro”) della mente, ma come creazioni autentiche. In tal senso, il cuore è la sede dell’immaginazione:

    «Non siamo costretti a stabilirne il principio fondante: che il pensiero del cuore è il pensiero delle immagini, che il cuore è la sede dell’immaginazione, che l’immaginazione è la voce autentica del cuore, sicché se parliamo del cuore dobbiamo parlare in modo immaginativo.»

    Difatti, «quando ci innamoriamo, incominciamo a immaginare; e quando incominciamo a immaginare, ci innamoriamo». Nella nostra cultura, osserva Hillman, il cuore è soggetto a tre modalità interpretative. Anzitutto, è additato come “forza, passione e coraggio di vivere” (Cuor di leone): si tratta di riconoscere che la meraviglia (thaumazein) si trova nel microcosmo. Ciò che la psicologia odierna definisce “proiezione coatta”. «Desiderare e vedere in trasparenza il desiderio: è questo il coraggio richiesto dal cuore».
    In secondo luogo, il cuore è considerato come organo del corpo. Ci si addentra così nel meccanicismo di Harvey che, separando tra la parte destra e la parte sinistra del cuore (cor duplex) con la parete impenetrabile del moto perpetuo del sangue (idea archetipica), abbandona l’invisibilità della himma a vantaggio della dimostrazione visibile, della decodificazione delle forme immaginative. E dal momento che il cuore è inevitabilmente diviso in se stesso, anche il mondo si sdoppia e la riflessione si complica:

    «Il pensiero perdette il suo cuore, e il cuore il suo pensiero. Il re era morto, e si era elevato un muro tra il mondo là fuori e i sentimenti soggettivi qua dentro, giacché perfino al centro del petto c’era divisione.»

    Infine, il cuore diventa la parte più intima della persona, “un abisso insondabile”, sede della verità. Cruciali sono le Confessiones di Sant’Agostino, laddove la confessione è un’esibizione, l’esposizione della soggettività, la rivelazione della Selbstdarstellung (auto-ostensione):

    «Ogni gesto che facciamo, ogni frase che pronunciamo è una confessione del cuore, perché rivela le nostre immagini.»

    Ora, tanto l’anima quanto il cuore si nutrono della bellezza («Di niente sono certo se non delle affezioni del Cuore e della verità dell’Immaginazione» scrive John Keats) , ne hanno bisogno per vivere. Da qui la loro apparizione simultanea. Ma se questo è vero, com’è possibile – si chiede Hillman – che nell’odierna psicologia del profondo il pensiero della bellezza sia completamente assente? Il detto pensiero non è da interpretare solamente sul piano simbolico, poiché la bellezza appunto, è percepibile con i sensi (aisthesis, percezione sensoriale):

    «Così come gli Dei sono dati con la creazione, allo stesso modo la loro bellezza è data nel creato, anzi essa è la condizione indispensabile della creazione in quanto manifestazione. La bellezza è l’anima mundi manifesta; e non è, vi prego di notare, trascendente rispetto a ciò che è manifesto, e neppure nascostamente immanente in esso, bensì riguarda le apparenze in quanto tali, così come sono create, nelle forme in cui sono date: dati dei sensi, nudi fatti, Venus Nudata.»

    Inoltre, la bellezza è una necessità epistemologica (il modo che gli Dei hanno di attirarci nel cosmo) e ontologica (fondamento della molteplicità del mondo). Jung direbbe che la psicologia odierna l’ha persa di vista perché il bello e il buono platonici non sono la medesima cosa, l’estetico e il morale non possono andare insieme e perché le immagini deve essere capite con l’intelletto e non con i sentimenti, ragion per cui «troviamo i significati e perdiamo le reazioni».
    La conseguenza più immediata è «il deserto della modernità» e per ovviare a un disastro di tal natura bisogna “provocare” il cuore, rivitalizzarlo attraverso le forme immaginative della bellezza. Eppure, in un mondo che ha perso la propria anima, la psicologia del profondo si è come impoverita, conformandosi e adattandosi a questo mondo. Il conflitto tra problemi intra-soggettivi (nell’individuo) e problemi inter-soggettivi (relativi cioè ai rapporti sociali) ha fatto sì che il “là fuori” determinasse e condizionasse il “qui dentro”, che ad un’anima senza mondo facesse eco un mondo senz’anima, frammentato, scialbo, vuoto, depersonalizzato e derealizzato:

    «Un mondo senz’anima non offre mai intimità. Le cose sono lasciate fuori al freddo, ciascun oggetto, per definizione, gettato via ancor prima di essere fabbricato, spazzatura e ciarpame senza vita, che deriva il suo valore esclusivamente dal mio desiderio consumistico di possedere e accumulare, totalmente dipendente dalla propensione del soggetto a insufflargli la vita con il desiderio personale.»

    Perciò, l’auspicio di James Hillman è che l’anima e il mondo si ritrovino nuovamente, si (ri)fondino, che il cuore recuperi la sua funzione estetica e che l’aisthesis torni ad essere lo strumento mediante il quale esperire e conoscere il mondo. E questo è possibile solo a condizione di guardare indietro, di volgere lo sguardo alla città rinascimentale, cuore del mondo, giacché è «grazie a questo ritorno [che] possiamo guardare il mondo in modo nuovo, con lo stesso sguardo e riguardo che esso mostra per noi e a noi nel suo volto».
    © Antonietta Florio

  • Sean Grey

    The first essay is good, but the second, 'The Return of the Soul to the World', is amazing. It is as revolutionary for psychology as Einstein's Theory of Relativity was for physics. The new paradigm which James Hillman proposes could act as a panacea for virtually all of the problems society faces today.

  • RPlumtree

    Lettura di media difficoltà per principianti di filosofia come me. Lo raccomando ad una nicchia di lettori appassionati di filosofia e psicologia.

    Un libro utile per capire che la tradizione filosofica ci ha fornito degli strumenti per interpretare il mondo e noi stessi prima ancora della nascita della psicologia.


    Buona lettura!

  • Enrico Ribeiro

    3,5

  • Villy Tichkova

    Reading this book is a profound experience.

  • Jfish938

    The 'Soul of the World' is one of my favorite Hillman pieces, and really goes beyond Freud's ideas in Civ. and its discontents.